C.re Aldo Grimoldi - ANC Brugherio

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C.re Aldo Grimoldi
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«NEI CAMPI DI LAVORO E IN MINIERA. TANTE VOLTE HO PENSATO CHE NON SAREI TORNATO A CASA»

Nel 1942, a diciannove anni, era partito per il fronte. Il 10 settembre 43 la cattura e la deportazione in germania conclusa tre anni dopo. Sono passati più di sessant’anni, ma i ricordi sono nitidi come se tutto fosse accaduto poco tempo fa. Troppo forti le sofferenze, troppo intense le emozioni, troppo grande la paura di non tornare più a casa per pensare che il tempo possa sbiadire o, addirittura, cancellare il passato.

Aldo Grimoldi ricorda tutto alla perfezione, snocciola gli episodi che hanno caratterizzato la prigionia in Germania con una dovizia di particolari impressionanti. Ogni tanto di ferma e chiede «Ma qualcuno crederà a quello che dico?». Quanto accaduto, gli sembra, ancor oggi, una grande assurdità.

Nato a Brugherio il 25 marzo 1923, nell’agosto del 1942, a diciannove anni, parte per il servizio militare. L’addestramento a Roma, poi Padova e da qui a Tarvisio, destinato alla sorveglianza dei fortini della Prima guerra mondiale. Mesi duri («una cucinina e quattro brande, questo era il nostro alloggio. Una volta la settimana salivano gli alpini a portarci i viveri ma spesso andavamo alla ricerca di lumache e a pescare nei torrenti per sfamarci, mentre per bere scioglievamo la neve»), senza apparenti pericoli fino all’8 settembre del 1943.

L’armistizio trasforma improvvisamente i tedeschi da alleati in nemici e la storia di Grimoldi (e di migliaia di soldati italiani) cambiGrimoldi_cavalierato2a: «Alle 6 del settembre arrivano al fortino 5 tedeschi che ci ordinano di arrenderci ma noi non deponiamo le armi – ha ricordato – Alle 8 arrivano in venti e ci arrendiamo». Grimoldi viene deportato in Germania («il pensiero correva a casa, al nostro destino che nessuno conosceva»), nel campo di concentramento di Bad Orb. Dopo otto giorni di stenti («da mangiare ci davano una brodaglia di carote e foglie di verze cotte, non dovevi guardare cosa c’era nella gavetta altrimenti non ce la facevi»), Grimoldi viene immatricolato (12017) e trasferito in fabbrica per produrre motori per carri armati e siluri.

Dopo il bombardamento della fabbrica da parte degli alleati, Grimoldi viene trasferito in un piccolo paese di collina per lavorare in miniera. «Scendevamo fino a 900 metri sotto terra per dodici ore, senza acqua. Non sapevamo a chi rivolgerci. Un giorno ho detto al mio amico Carlo che non sarei andato a lavorare. Dopo pochi minuti è arrivato un tedesco che mi ha puntato la pistola al petto. Ho pensato che fosse finita, ma poi sono ritornato a lavorare».

L’ennesimo bombardamento, siamo nell’aprile del 1945, è il segnale che la guerra sta per finire. I tedeschi sono sul punto di arrendersi e non badano più ai prigionieri. Assieme a tre amici, Grimoldi si mette in cammino verso Francoforte: più di 200 chilometri a piedi tra sofferenze e segni di speranza («uno dei nostri stava male ed una famiglia tedesca ci ha dato delle pillole e un bicchiere di latte»). Da Francoforte parte il viaggio di ritorno a casa che durerà più di due mesi: Innsbruck, Bolzano («passato il confine ho pensato che stavo tornando a casa ma chissà quanti genitori o mogli o fidanzate non avrebbero più rivisto i loro cari»), Trento («dove ci danno un panino con la mortadelle e una birra piccola, erano tre anni che non avevo un panino in mano e mi dispiaceva mangiarlo»), Brescia, Agrate, Monza.

«Dopo tre anni sono a casa – ho pensato – Saluto i compagni e prendo il trenino per Brugherio. Arriva il controllore, mi chiede il biglietto e dopo che gli dico che venivo dalla Germania mi dice “stai seduto che tra poco siamo a Brugherio. Arrivo alle 12, c’è poca gente in giro. Passo in piazza Cesare Battisti, poi in piazza Roma vedo arrivare mia madre e i miei fratelli. Dopo tre anni e mezzo me li sono trovati davanti così: non sapevo cosa dire».  Articolo pubblicato il 19/06/07 dal Giornale di Monza

Tutte quelibro_grimoldi_copertina_1ste vicende vengono raccolte in un volumetto, curato dal professor Luciano Costa e stampato grazie al contributo della Cooperativa edificatrice Brugherio 82. Il libro, dal titolo «12017-Diario di un deportato», e’ stato presentato anche dal sindaco Carlo Cifronti e dal presidente dell’Anpi provinciale Antonio Pizzinato. Sempre sullo stesso argomento esiste anche un DVD.

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